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Diomede Marvasi Cittanova

Diomede Marvasi



Casalnuovo (oggi Cittanova), 13 agosto 1827 - Castellammare di Stabia, 17 ottobre 1875

Nacque a Casalnuovo (oggi Cittanova) da Tommaso, notaio, e da Girolama Guzzo, una famiglia facoltosa del luogo. Il cognome originario, "Marvaso", è stato da lui modificato in "Marvasi" variando la vocale finale.
Dopo aver compiuto gli studi classici a Monteleone (oggi Vibo Valentia), si trasferì in seguito a Napoli per intraprendere gli studi giuridici.
La formazione politica familiare, il padre fu sempre politicamente orientata verso idee liberali e massoniche e il nonno, Francescoantonio, prese parte alla rivoluzione del 1799 e ai moti del 1820, lo portò ad abbracciare le idee liberali.
Fu allievo ed amico di Francesco De Sanctis, con il quale partecipò, venendo ferito da un colpo di baionetta, ai moti del 1848 a sostegno del Parlamento napoletano.
Più volte fu arrestato ed infine fu condannato all'esilio perpetuo dal Regno di Napoli nel 1853.
Riuscito a fuggire sul piroscafo francese «Hellespont» che lo doveva condurre in America si rifugiò prima a Malta, poi in Piemonte a Torino, dove esercitò l'avvocatura e collaborò, con il Mancini, lo Scialoja ed il Pisanelli alla stesura di un Commentario del Codice di Procedura Civile per gli Stati Sardi pubblicato a fascicoli a Torino tra il 1855 e il 1858.
Nel marzo del 1860 gli fu assegnata la cattedra di professore di diritto costituzionale all'Università di Modena e Reggio Emilia, cattedra che accettò a malincuore poichè avrebbe preferito l'insegnamento del Diritto Penale e che non occupò mai in quanto richiamato a Napoli dal successo della spedizione dei Mille. Qui giunse il 6 agosto in compagnia di De Sanctis e De Meis dopo l'Unità d'Italia e ricoprì numerosi incarichi nella magistratura.
Candidato al parlamento nel 1861, la sua elezione fu annullata (due volte) per incompatibilità con la carica di capo della polizia luogotenenziale prima e di giudice della Gran Corte Criminale in seguito.
Nel 1862 sposò la contessa Elisabetta Miceli, vedova Viollard, dalla quale ebbe sei figli. Nell'ottobre del 1866 rappresentò, come pubblico ministero, l'accusa nel processo davanti al Senato del regno, costituito in Alta Corte di Giustizia, contro l'ammiraglio Carlo Pellion conte di Persano in conseguenza della sconfitta nella battaglia di Lissa. A lui fu affidata la requisitoria finale pronunciata nella tornata dell'11 aprile 1867, nel corso della quale non mancò di evidenziare e dimostrare l'imperizia, la negligenza, la disobbedienza di Persano, chiedendo come pena la degradazione e la radiazione dell'ammiraglio dalla Regia Marina. Questa requisitoria, considerata un capolavoro di eloquenza, tradotta in più lingue, divenne famosa a livello europeo.
Consigliere presso la Corte di Cassazione di Napoli nel 1868, fece parte della Commissione per la riforma del Codice penale e ne fu il Relatore. Commissario Straordinario del comune di Napoli nel 1872, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Napoli nel 1873, Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione di Napoli nel marzo 1874, il 15 novembre dello stesso anno fu nominato senatore.



Diomede Marvasi Cittanova