Il patrimonio olivicolo
In questa zona della piana di Gioia Tauro si coltivano ulivi secolari
ed altissimi (molti superano i venti metri) che producono drupe piccole
ed a maturazione scalare. Dalle notizie storiche in nostro possesso
possiamo ritenere che la coltura dell'olivo abbia avuto inizio dopo il
1669 e di conseguenza la costruzione di molti frantoi.
Alcune piante di notevoli dimensioni
costituiscono un vero e proprio museo naturale all’ aperto.
La mole degli alberi è tale da non consentire un' unica raccolta nel momento più
opportuno, cioè all'invaiatura dei frutti, e di conseguenza quest'ultimi, in passato raccolti manualmente,
vengono oggi raccolti con l'ausilio di spazzolatrici e raccoglitrici meccaniche, dopo
essere caduti a terra ormai stramaturi.
Le spazzolatrici o scopatrici,
il cui impiego è possibile su terreni pianeggianti, rullati e privi di
infestanti, concentrano in cordoni le olive miste a
foglie, sassi e terra. Successivamente quest' ultimo miscuglio viene
prelevato manualmente da terra, posto in cassette di plastica e avviato
alla cernitrice, la quale è costituita da due crivelli
vibranti sovrapposti, tra i quali passa un flusso d'aria generato da una
ventola. La cernitrice separa le olive dalle foglie, dalla terra non
strettamente aderente all'epicarpo e dai sassi di dimensione diversa da
quella delle olive stesse (le rimanenti impurità vengono eliminate in
oleificio tramite la lavatrice). Le raccoglitrici impiegate nella zona
sono delle spazzolatrici modificate che eliminano il prelievo manuale
del prodotto da terra. Quasi tutte le raccoglitrici
consentono la meccanizzazione integrale dei cantieri di raccolta, in
quanto sono dotate di vano di carico, il quale viene svuotato in una
tramoggia collegata da un nastro trasportatore alla cernitrice. La
raccolta si prolunga per mesi (anche sei nelle annate di carica) e si
effettua lavorando, man mano che i frutti cadono, più volte durante
l'annata nello stesso appezzamento; inoltre la frammentazione delle
aziende in tanti piccoli appezzamenti rende difficili ed intempestivi
gli interventi di raccolta dopo eventi atmosferici che fanno cadere in
quantità cospicue le olive. Ciò comporta una sosta di parecchi giorni, a
contatto col terreno, delle drupe, le quali sono fra l'altro già
danneggiate dalla caduta . L'olio che si produce in queste condizioni è
per la maggior parte lampante ( acidità variabile in genere dai 4 ai 12
gradi), con caratteristiche organolettiche scadenti ed è avviato alla
raffinazione commercializzandolo a prezzi bassissimi, con base 5 gradi di
acidità).
Se consideriamo la totalità delle aziende calabresi che hanno in coltura
l'olivo, il 47% sono di superficie inferiore all'ettaro e quasi il 70%
delle aziende ha superficie inferiore ai due ettari. Questa frammentazione,
anche in questa zona, costituisce il vero handicap per lo sviluppo dell' olivicoltura
che soffre dei problemi caratteristici di una struttura vecchia.
La lavorazione delle olive prodotte dalle aziende del territorio è distribuita in tantissimi
oleifici, per lo più aziendali e di piccola capacità. Si tratta molto spesso
di strutture arretrate sul piano tecnologico e di dimensioni medie troppo
ridotte per assicurare nel tempo una sufficiente standardizzazione dei
livelli qualitativi. Tuttavia tale attività avente nella gran parte
caratteristiche di produzione per uso familiare comunque, con sistemi
di commercializzazione a volte incomprensibili, riesce a produrre reddito.
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