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L'ELOGIO DEL CANE
Radio Cronache Rimate - Alberto Cavaliere (1897-1967)



Non amo quelle sterili signore
che si stringono al seno un cagnolino,
gli dànno baci come ad un bambino,
dicono andando in estasi: « E' un amorel »;

che, mentre dan dei calci ai trovatelli,
fanno pel loro " Bubby " ogni follia
e, se ne han due, per colmo d'idiozia
dicon come Cornelia: « I mei gioielli ».

Ma lodo il cane serio, che s'impone
per fedeltà, per fiuto e per bravura:
è quello che nel libro di lettura
moriva sulla tomba del padrone;

è quello che a vent'anni di distanza
subitamente riconobbe Ulisse,
e Giove onnipotente benedisse,
morendo di vecchiaia e d'esultanza;

è quel tenace e avventuroso alano
che, tradotto in Germania in prigionia,
dopo sette anni ritrovò la via
della sua vecchia casa di Milano.

Che, dalla più remota antichità,
se il classico somaro, ottima bestia,
inventò la pazienza e la modestia,
fu il cane ad inventar la fedeltà.

Noi, fatalmente pessimi fedeli,
siamo dei suoi mediocri imitatori
e invano per lo più, vecchi impostori,
giuriamo fedeltà sugli evangeli.

Abbiamo il cane amico per natura,
e intanto a un malfattor, per vecchio vezzo,
diamo del " cane " in segno di disprezzo,
diamo del " cane " al mondo addirittura...

Invece il cane è molto più leale:
perfino al gatto, al suo peggior nemico,
non dà dell"'uomo" mai; l'uomo gli è amico:
non si permette d'abbaiarne male;

mentre perfino lui, Dante Alighieri,
fra peccatori reprobi e inumani,
gridava: « Via costà con gli altri cani! »,
con paragoni poco lusinghieri.

No, no, son bravi i cani: hanno del cuore,
conoscon la virtù del sacrificio.
Non darò mai del " cane " a un capo-ufficio,
non darò mai del " cane " a un creditore.