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LA MORTE D'ORO
Radio Cronache Rimate - Alberto Cavaliere (1897-1967)



Un giovane maomettano, figlio del più ricco mercante di Serajevo, dilapidato in tre mesi il patrimonio avito, si uccide con una pallottola d'oro.

Non so nulla di lui: semplicemente
dodici righe lette su un giornale;
eppure, lo rivedo tale e quale
com'egli fu, magnifico incosciente:
posso quasi affermar che conoscevo
il più ricco signor di Serajevo.

Mohamed, era lui: bello, elegante,
in " smoking " od in " frak ", occhio in vetrina,
un po' velato dalla cocaina,
nonché dall'ombra del suo sogno errante,
sorriso amaro, dita affusolate;
tipo « scettico blu », lo ricordate?

Era colui che il suo castello avito
offre in omaggio ad una cortigiana,
o che s'accende il sigaro d'avana
con un foglio da mille un po' sgualcito.
Pel cameriere, alquanto più modesto,
era « il signore che non prende il resto».

Era colui che entrando in una bisca,
con quel suo fare tra annoiato e stanco,
si ferma sulla porta e chiede: « Banco! »
senza nessuno che gli garantisca
se sia fra gentiluomini o fra bari,
se arrischi tre milioni o tre denari.

Era colui che nella fiamma gialla
del suo sogno si tuffa, in un baleno
di suprema letizia, e, poi vien meno,
senza rimpianti, come una farfalla...
Visse un'estate, breve ma divina,
il signor Mohamed, e andò in rovina.

L'orafo industre, che nei dì felici
aveva cesellato con le esperte
mani le gioie più smaglianti, offerte
alle contesse ed alle meretrici,
fuse per lui con scrupolosa cura
un proiettile d'oro su misura.

Così quel cuore, ligio alla sua sorte,
che già dall'oro aveva ricevuto
vita ed oblio, minuto per minuto,
dall'oro stesso ricevè la morte.
La palla d'oro in una rivoltella:
lo riconosco, la trovata è bella.

Peccato! Visse in epoca di crisi,
in questa nostra età gretta ed avara;
fosse vissuto ai tempi della cara
Margherita Gauthier, morta di tisi!
Avrebbe prodigato alle sue amanti
camelie tempestate di brillanti.

E si sarebbe ucciso in un palchetto
dell'Operà, portando lo scompiglio
fra un second'atto e il terzo; e Dumas figlio,
se la strana notizia avesse letto,
avrebbe scritto un ultimo lavoro
immortalando quella morte d'oro...

Mentre il suo gesto splendido e cretino,
nel secolo agitato in cui viviamo,
non interessa più, non ha richiamo,
s'esaurisce così, senza destino:
dodici righe appena su un giornale
ed un commento: « Bell'originale! ».

O s'esaurisce nella strofa rude
d'un vate scanzonato e vagabondo,
che non s'affanna a intenerire il mondo,
ma che narra il fattaccio e ne conclude,
in modo piatto, semplice, borghese:
con quella palla. ci campavo un mese!...